La carità nascosta di Papa Francesco: paga latte, biscotti, affitti scaduti

Ogni notte il Pontefice invia nelle periferie il suo Elemosiniere. Ha messo a disposizione i regali ricevuti per raccogliere fondi destinati ai poveri

L’ultima donazione è di ieri sera. Un furgone carico di olio d’oliva, pasta, pomodori pelati, latte e biscotti è giunto al centro per rifugiati Baobab, al Tiburtino. Una struttura che accoglie migranti etiopi ed eritrei fuggiti dalla fame e dalla guerra. Lo ha inviato Papa Francesco, come già accaduto in passato. A consegnare i generi di conforto è stato monsignor Konrad Krajewski, polacco, elemosiniere di Sua Santità. Poco conosciuto dal grande pubblico, è responsabile di uno dei compiti a cui il Papa tiene maggiormente. In Vaticano si occupa dell’Elemosineria Apostolica: ha il mandato di svolgere la carità in nome e per conto del Pontefice.

Monsignor Krajewski è il “braccio destro” di Papa Francesco. Raccoglie donazioni, distribuisce aiuti, gira quasi tutte le notti le periferie e le stazioni di Roma. All’atto della sua nomina il Santo Padre l’aveva avvertito: «Tu non sarai un vescovo da scrivania – le sue parole – Dovrai essere il prolungamento della mia mano per portare una carezza ai poveri, ai diseredati e agli ultimi della città». E così padre Corrado – molti romani lo conoscono così – opera secondo le direttive del Pontefice. Un’azione concreta e silenziosa.La discrezione è un aspetto fondamentale del suo lavoro: nel piccolo ufficio vicino Porta Sant’Anna nessuno vuole parlare con i giornalisti. A pochi metri di distanza le guardie svizzere montano la guardia al confine dello Stato Vaticano. Qui si raccolgono alcune delle donazioni che saranno distribuite ai poveri. Le maggiori entrate provengono dalle pergamene con la benedizione apostolica rilasciate ai fedeli che ne fanno richiesta. Il denaro ricavato finisce in un “fondo per la carità” che finanzia l’attività dell’Elemosineria di Papa Francesco. A cui contribuiscono anche donazioni private e lo stesso Pontefice.

«Andate incontro ai poveri, non aspettate che essi vengano a voi». Per tener fede a questo principio, Papa Francesco si è dato da fare in prima persona. In questi mesi il Santo Padre ha deciso di mettere a disposizione i regali ricevuti da quando è stato eletto al soglio di Pietro. E così dall’inizio dell’anno ha già organizzato due riffe in Vaticano. Due lotterie pontificie per raccogliere fondi a favore dei poveri. Biciclette elettriche, orologi, videocamere digitali, penne stilografiche. Come primo premio il Papa ha messo in palio addirittura una macchina. Una Panda full optional che gli era stata donata da alcuni operai di Pomigliano. Una somma dopo l’altra, alla fine l’Elemosineria Apostolica ha iniziato a raccogliere cifre importanti. Solo lo scorso anno monsignor Krajewski ha potuto gestire oltre un milione e mezzo di euro. Circa il 25 per cento in più rispetto all’anno precedente. Intendiamoci, la carità ha sempre rappresentato un aspetto centrale della Chiesa Cattolica. «Eppure Papa Francesco – raccontano in Vaticano – ha dato davvero un nuovo impulso a questa attività».

Una volta raccolto, il denaro diventa un aiuto concreto per i bisognosi. Quasi ogni notte l’elemosiniere di Papa Francesco gira per Roma accompagnato da alcune suore e qualche guardia svizzera – ovviamente in borghese – per distribuire generi di conforto ai poveri della Capitale. Vengono donate provviste alimentari ad associazioni di volontariato, centri per immigrati, mense parrocchiali. Con il denaro dell’Elemosineria lo scorso gennaio sono stati costruiti vicino alle Poste Vaticane alcuni bagni e un servizio docce per i clochard della città. Proprio sotto il colonnato di destra del Bernini. Chi si presenta per lavarsi riceve un kit con sapone e un cambio di biancheria intima. E il lunedì può usufruire di un servizio gratuito di barberia. Eppure c’è molto riserbo sulle attività di questo tipo. In Vaticano nessuno vuole dare troppa pubblicità alle iniziative benefiche. Si scopre però che alcuni mesi fa, durante la notte del Venerdì Santo, il Papa ha fatto distribuire alcune buste pasquali contenenti del denaro ai senzatetto che dormivano nelle stazioni di Roma. Per festeggiare il suo ultimo compleanno ha regalato circa 200 sacchi a pelo ad altrettanti vagabondi che dormivano per strada. In un’altra occasione, invece, ha distribuito trecento ombrelli ai poveri che frequentano Borgo Pio. Nessun acquisto, stavolta. Erano ombrelli accatastati un magazzino, persi negli anni dai turisti dentro i musei vaticani.

Sono piccoli doni, certo. «Proprio perché – raccontano in Vaticano – si è voluto estendere al maggior numero di persone il sostegno di un aiuto». A volte si offrono ai poveri beni e servizi. L’Elemosineria Apostolica, ad esempio, ha messo a disposizione di una cooperativa sociale un immobile per aprire una Casa d’Accoglienza per giovani madrinubili e i loro bambini. Altre volte si offrono piccole somme di denaro. A chi ha bisogno di aiuto viene pagata una bolletta del gas,una rata scaduta dell’affitto. Molte persone scrivono direttamente al Pontefice. Nel 2014 sono arrivate almeno 8mila richieste di sostegno. Papa Francesco le gira all’Elemosineria e si assicura che a ognuno venga risposto. Unica accortezza, le domande devono essere accompagnate da un’attestazione dei parroci o di altri ecclesiastici che garantiscano le reali necessità. Come è facile immaginare, la crisi ha visto impennare il numero delle lettere. «Le domande – si legge nel rapporto sull’attività della Santa Sede – hanno disegnato un quadro abbastanza complesso e variegato delle povertà che purtroppo da diverso tempo cominciano ad affliggere anche zone e categorie di persone che finora godevano di un certo benessere economico».

Francesco ha dato l’esempio, ma ha anche chiesto agli altri di seguirlo. E così recentemente l’ordine dei gesuiti – a cui il Pontefice apparteneva – ha deciso di mettere a disposizione dei senzatetto un immobile di proprietà. È un locale in via dei Penitenzieri, nei pressi della Chiesa di Santo Spirito in Sassia, a due passi dal Vaticano. Il contratto di locazione con l’agenzia di viaggi che affittava lo stabile è stato rescisso. Nei prossimi giorni aprirà una struttura in grado di accogliere fino a trenta senzatetto ogni notte. Per un Pontefice che ha chiesto «una Chiesa povera per i poveri», la carità è un punto fermo. Del resto «la gratuità dovrebbe essere una delle caratteristiche del cristiano, che, consapevole di aver ricevuto tutto da Dio gratuitamente, cioè senza alcun merito, impara a donare agli altri gratuitamente» ha spiegato Papa Francesco durante l’omelia dell’ultimo mercoledì delle Ceneri. «Oggi spesso la gratuità non fa parte della vita quotidiana, dove tutto si vende e si compra. Tutto è calcolo e misura. L’elemosina ci aiuta a vivere la gratuità del dono, che è libertà dall’ossessione del possesso, dalla paura di perdere quello che si ha, dalla tristezza di chi non vuole condividere con gli altri il proprio benessere».

Come evitare distrazioni nella preghiera?

 Chi si propone di pregare si vede continuamente nella tentazione di rimandare, accorciare, trasformare in routine e, cosa peggiore di tutte, eliminare la propria preghiera. Il diavolo in genere sussurra all’orecchio di chi vuole pregare: “No, proprio ora no, hai molte cose da fare, meglio rimandare a dopo” (un dopo che non arriva mai)… O se, ad esempio, la persona si è proposta di pregare per mezz’ora, può avere la tentazione di abbandonare la preghiera dopo dieci minuti, pensando di aver già pregato abbastanza, più di quello che fanno altre persone. Accade anche che iniziano le distrazioni, il ricordo di quello che si è lasciato pendente, o si ha sonno, si viene chiamati, interrotti, suona il telefono… si presenta qualcosa che invita a interrompere la preghiera. Attenzione, si tratta di una tentazione. Cosa fare in questi casi? Sant’Ignazio di Loyola consigliava di fare il contrario di ciò che suggerisce la tentazione. Ad esempio, se ti sei proposto di pregare per mezz’ora e dopo quindici minuti ti vedi tentato di smettere, proponiti di pregare non solo quella mezz’ora, ma quindici minuti in più. Se lo fai, riuscirai a superare la tentazione di accorciare la preghiera, e visto che si sarà ritorto contro il tentatore, questi probabilmente non tornerà a proporti quella tentazione. Non dimenticare mai che nel tuo proposito di pregare affronti non solo le circostanze del mondo e le tue emozioni, ma il demonio, che è assai interessato a che tu non preghi, che non realizzi quella cosa che porta tanti buoni frutti. Dice San Pietro: “Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro, cercando chi divorare. Resistetegli saldi nella fede” (1Pt 5, 8-9). È questo che bisogna fare. Di fronte alla tentazione, fidati di più di dire sì al Signore e no alla tentazione. Tieni conto di questo: con la preghiera accade come con il cibo. Quando si smette di mangiare si perde la fame fino a morire di inedia; quando si smette di pregare si perde la voglia di pregare fino a morire spiritualmente. È per questo che superare questa tentazione è di importanza fondamentale. Chiedi aiuto a Dio per pregare e per lottare contro tutto ciò che ostacola la tua preghiera. Chiedigli di aiutarti a trovare il tempo, di darti un cuore ben disposto, di liberarti dallo scoraggiamento, di aiutarti a difendere i tuoi momenti di incontro intimo con Lui. E confida in ciò che farà. “Sia benedetto il Signore, che ha dato ascolto alla voce della mia preghiera… ho posto in lui la mia fiducia; mi ha dato aiuto ed esulta il mio cuore, con il mio canto gli rendo grazie” (Sal 28, 6-7)

Chi si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato

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Non c’è umiltà nel considerarsi peccatori, se lo siamo effettivamente. L’umiltà esiste quando uno è consapevole di aver fatto molte cose grandi, eppure non ne trae un’alta opinione di sé; quando, essendo simile a Paolo fino a poter dire: « Non sono consapevole di colpa alcuna », aggiunge subito: « non per questo sono giustificato » (1Cor 4,4) o anche: « Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori e di questi il primo sono io » (1 Tm 1,15). In questo consiste l’umiltà: a dispetto della grandezza dei nostri atti, abbassarci in spirito.

Tuttavia Dio, a motivo del suo amore indicibile per gli uomini, accoglie e riceve non soltanto coloro che si umiliano in questo modo, ma anche coloro che ammettono francamente le loro colpe e si mostra favorevole e benevolo verso coloro che sono in tali disposizioni. E affinché tu impari quanto è bene non avere un’alta opinione di te stesso, immaginati due carri. A uno, attacca la virtù e la superbia, all’altro, il peccato e l’umiltà. Vedrai il tiro del peccato distanziare quello della virtù, non certo grazie alla propria potenza, ma grazie alla forza dell’umiltà che lo accompagna. E vedrai l’altro sorpassato, non a causa della debolezza della virtù, ma a causa del peso e dell’enormità della superbia.

Vangelo di Sabato 22 Agosto 2015

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Libro di Rut 2,1-3.8-11.4,13-17.
Noemi aveva un parente del marito, uomo potente e ricco della famiglia di Elimèlech, che si chiamava Booz.
Rut, la Moabita, disse a Noemi: “Lasciami andare per la campagna a spigolare dietro a qualcuno agli occhi del quale avrò trovato grazia”. Le rispose: “Và, figlia mia”.
Rut andò e si mise a spigolare nella campagna dietro ai mietitori; per caso si trovò nella parte della campagna appartenente a Booz, che era della famiglia di Elimèlech.
Allora Booz disse a Rut: “Ascolta, figlia mia, non andare a spigolare in un altro campo; non allontanarti di qui, ma rimani con le mie giovani;
tieni d’occhio il campo dove si miete e cammina dietro a loro. Non ho forse ordinato ai miei giovani di non molestarti? Quando avrai sete, và a bere dagli orci ciò che i giovani avranno attinto”.
Allora Rut si prostrò con la faccia a terra e gli disse: “Per qual motivo ho trovato grazia ai tuoi occhi, così che tu ti interessi di me che sono una straniera?”.
Booz le rispose: “Mi è stato riferito quanto hai fatto per tua suocera dopo la morte di tuo marito e come hai abbandonato tuo padre, tua madre e la tua patria per venire presso un popolo, che prima non conoscevi.
Così Booz prese Rut, che divenne sua moglie. Egli si unì a lei e il Signore le accordò di concepire: essa partorì un figlio.
E le donne dicevano a Noemi: “Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare un riscattatore perché il nome del defunto si perpetuasse in Israele!
Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia; perché lo ha partorito tua nuora che ti ama e che vale per te più di sette figli”.
Noemi prese il bambino e se lo pose in grembo e gli fu nutrice.
E le vicine dissero: “È nato un figlio a Noemi!”. Essa lo chiamò Obed: egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.

Salmi 128(127),1-2.3.4.5.
Beato l’uomo che teme il Signore
e cammina nelle sue vie.
Vivrai del lavoro delle tue mani,
sarai felice e godrai d’ogni bene.

La tua sposa come vite feconda
nell’intimità della tua casa;
i tuoi figli come virgulti d’ulivo
intorno alla tua mensa.

Così sarà benedetto l’uomo che teme il Signore.
Ti benedica il Signore da Sion!
Possa tu vedere la prosperità di Gerusalemme
per tutti i giorni della tua vita.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Matteo 23,1-12.
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo:
«Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei.
Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito.
Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filattèri e allungano le frange;
amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe
e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare “rabbì”dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli.
E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo.
E non fatevi chiamare “maestri”, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo;
chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato.

Beata Vergine Maria Regina

La celebrazione di Maria Regina fu istituita dal Venerabile Pp Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) nel 1955 al termine dell’anno mariano, centenario della proclamazione del dogma dell’Immacolata Concezione.
Si celebrava, fino alla recente riforma del calendario liturgico, il 31 maggio, a coronamento della singolare devozione mariana nel mese a Lei dedicato. Il 22 agosto era riservato alla commemorazione del Cuore Immacolato di Maria, al cui posto subentra la festa di Maria Regina per avvicinare la regalità della Vergine alla sua glorificazione nell’assunzione al cielo.

Questo posto di singolarità e di preminenza le deriva dai molteplici titoli, illustrati dal Venerabile Pio XII nella lettera enciclica «Ad caeli Reginam» (11 ottobre 1954), di Madre del Capo e dei membri del Corpo mistico, di augusta sovrana e regina della Chiesa, che la rende partecipe non solo della dignità regale di Gesù, ma anche del suo influsso vitale e santificante sui membri del Corpo mistico.
In latino “regina”, come “rex”, deriva da “regere”, cioè reggere, governare, dominare. Dal punto di vista umano è difficile attribuire a Maria il ruolo di dominatrice, Lei che si è proclamata la serva del Signore e ha trascorso tutta la vita nel più umile nascondimento.

Luca, negli Atti degli apostoli, colloca Maria in mezzo agli Undici, dopo l’Ascensione, raccolta con essi in preghiera; ma non è lei che impartisce ordini, bensì Pietro. E tuttavia proprio in quella circostanza Maria costituisce l’anello di congiunzione che tiene uniti al Risorto quegl’uomini non ancora irrobustiti dai doni dello Spirito Santo.

La Marialis Cultus scrive: “La solennità dell’Assunzione ha un prolungamento festoso nella celebrazione della Beata Maria Vergine Regina, che ricorre otto giorni dopo, nella quale si contempla Colei che, assisa accanto al Re dei secoli, splende come Regina e intercede come Madre”.
La Lumen Gentium presenta in questi termini il rapporto Assunzione-Regalità di Maria: “L’Immacolata Vergine… finito il corso della sua vita terrena, fu assunta alla celeste gloria in anima e corpo, e dal Signore esaltata come Regina dell’universo, perché fosse più pienamente conformata al suo Figlio, Signore dei dominanti, e vincitore del peccato e della morte”.

Tutti i cristiani vedono e venerano in lei la sovrabbondante generosità dell’amore divino che l’ha colmata di ogni bene. Ma Lei distribuisce regalmente e maternamente quanto ha ricevuto dal Re; protegge con la sua potenza i figli acquisiti in virtù della sua corredenzione e li rallegra con i suoi doni, poiché il Re ha disposto che ogni grazia passi per le sue mani di munifica regina.
Per questo la Chiesa invita i fedeli a invocarla non solo col dolce nome di madre, ma anche con quello reverente di regina, come in cielo la salutano con felicità e amore gli angeli, i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i martiri, i confessori, le vergini.
Maria è stata coronata col duplice diadema della verginità e della maternità divina: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.» (Luca 1,35)

Tre delle antifone mariane più conosciute dai cristiani invocano Maria con il titolo di Regina; esse sono: la Salve Regina, il Regina Cœli e l’Ave Regina Cœlorum.