Testimonianza di Catalina Rivas sulla Santa Messa

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[…] È questa la testimonianza che devo e voglio dare al mondo intero, per la maggior Gloria di Dio è per la salvezza di chiunque voglia aprire il proprio cuore al Signore. Affinché molte anime, consacrate a Dio, ravvivino il fuoco dell’amore per Cristo, sia quelle che hanno nelle loro mani il potere di farlo scendere sulla terra per essere nostro nutrimento, sia le altre, affinché perdano l’uso di riceverlo “per abitudine” e rivivano il meraviglioso stupore dell’incontro quotidiano con l’amore. Affinché i miei fratelli e sorelle laici di tutto il mondo vivano il più grande dei Miracoli con il cuore: la celebrazione della Santa Eucaristia.

Era la vigilia del giorno dell’Annunciazione e noi tutti del nostro gruppo eravamo andati a confessarci. Alcune signore del gruppo di preghiera non riuscirono a farlo e rimandarono la confessione al giorno seguente, prima della Santa Messa.

Quando il giorno seguente giunsi in chiesa con un po’ di ritardo, il signor Arcivescovo e i sacerdoti stavano entrando già nel presbiterio. In quel momento la Vergine disse […]: “Oggi per te è un giorno di apprendistato e voglio che tu faccia molta attenzione perchè, di ciò che sei testimone oggi, dovrai farne partecipe l’umanità”.

[…]

Il signor Arcivescovo cominciò la Santa Messa e giunto all’Atto Penitenziale, la SS. Vergine disse: “Dal profondo del tuo cuore, chiedi perdono al Signore per tutte le tue colpe, per averlo offeso, così potrai partecipare degnamente a questo privilegio di assistere alla Santa Messa”.

Per una frazione di secondo pensai: “Sono in grazia di Dio, mi sono appena confessata ieri sera”. La Madonna rispose:- “E tu credi che da ieri sera non hai offeso il Signore? Lascia che ti ricordi alcune cose. Quando stavi uscendo per venire qui, la ragazza che ti aiuta ti si avvicinò per chiederti alcune cose, e poiché eri in ritardo, sbrigativamente le rispondesti in modo non molto cortese. E’ stata una mancanza di carità da parte tua, e dici di non avere offeso Dio…?

Nella strada che hai fatto per venire qui, un autobus ti ha attraversato la strada e ti ha quasi urtato e tu ti sei espressa in maniera poco conveniente contro quel pover’uomo, invece di venire in chiesa a fare le tue orazioni, preparandoti per la Santa Messa. Hai mancato di carità e hai perso la pace, la pazienza. E dici di non aver offeso il Signore?…

E arrivi all’ultimo momento, quando già la processione dei celebranti sta uscendo per celebrare la Messa… e stai per parteciparvi senza una previa preparazione…”.

[…]

“Perchè arrivare all’ultimo momento? Dovreste essere qui prima, per poter fare una preghiera e chiedere al Signore di mandare il Suo Santo Spirito, perchè vi conceda uno spirito di pace che scacci via lo spirito del mondo, le preoccupazioni, i problemi e le distrazioni, e poter essere così capaci di vivere questo momento tanto sacro. Invece arrivate quasi all’inizio della celebrazione e vi partecipate come se andaste ad assistere ad un evento qualsiasi, senza nessuna preparazione spirituale. Perché? E’ il miracolo più grande, e voi avete la possibilità di vivere il momento del più grande regalo da parte dell’Altissimo, ma non lo sapete apprezzare”.

[…]

Era un giorno di festa e si doveva recitare il Gloria. Nostra Signora disse: “Glorifica e benedici con tutto il tuo amore la Santissima Trinità, riconoscendoti una Sua creatura”.

[…]

Arrivò il momento della Liturgia della Parola e la Vergine mi fece ripetere: “Signore, voglio oggi ascoltare la Tua Parola e dare frutto abbondante; che il Tuo Santo Spirito mondi il terreno del mio cuore, perchè la Tua Parola cresca e si sviluppi, purifica il mio cuore perchè sia ben disposto”.

“Voglio che tu stia attenta alle letture e a tutta l’omelia del sacerdote. Ricorda che la Bibbia dice che la Parola di Dio non ritorna senza aver dato frutto. Se stai attenta, resterà qualcosa in te di tutto quello che ascolti. Devi cercare di ricordare tutto il giorno quelle Parole, che hanno lasciato in te un’impronta. Potranno essere una volta due frasi, poi sarà l’intera lettura del Vangelo, qualche volta solo una parola, da assaporare per il resto del giorno; questo si farà carne in te perchè è questa la maniera di trasformare la vita, e fare in modo che la parola di Dio trasformi”.

“E ora, dillo al Signore che sei qui per ascoltare ciò che tu vuoi che Egli dica oggi al tuo cuore”.

Ringrazio nuovamente Dio perché mi dà l’opportunità di ascoltare la Sua Parola; chiedo perdono per aver mantenuto un cuore tanto duro per così tanti anni e per aver insegnato ai miei figli ad andare alla Messa la domenica perché così comandava la Chiesa, e non per amore e per il bisogno di riempirsi di Dio…

Io che avevo assistito a tante Eucaristie, più che altro come un obbligo, e avevo creduto con questo di essere salva… Di viverla, nemmeno per sogno, di porre attenzione alle letture e alla omelia del sacerdote ancor meno. Quale dolore ho provato per tanti anni persi inutilmente, a causa della mia ignoranza!… Quanta superficialità nelle Messe alle quali assistiamo quando c’è un matrimonio, o una Messa da morto, oppure perché ci teniamo a farci vedere dagli altri! Quanta ignoranza riguardo questa nostra Chiesa e riguardo i Sacramenti! Quanto spreco nel voler istruirci e coltivarci nelle cose del mondo, che in un momento possono sparire senza che nulla rimanga, e che alla fine della vita non ci servono neanche ad aggiungere un minuto alla nostra esistenza! Ma di quello che ci farà guadagnare un poco di cielo sulla terra e poi la vita eterna, non sappiamo niente! E ci consideriamo uomini e donne istruiti…!

Un attimo dopo si arrivò all’Offertorio e la Vergine Santissima disse: “Recita così: «Signore, Ti offro tutto ciò che sono, quello che ho, quello che posso, tutto pongo nelle Tue mani. Eleva Tu, Signore, quel poco che io sono. Per i meriti del Tuo Figlio, trasformami, Dio Altissimo. Ti supplico per la mia famiglia, per i miei benefattori, per ogni membro del nostro apostolato, per tutte le persone che ci combattono, per quelli che si raccomandano alle mie povere preghiere… Insegnami ad umiliare il mio cuore affinché il loro cammino sia meno duro!» E’ così che pregavano i Santi e così voglio che facciate voi”.

[…]

All’improvviso, cominciarono ad alzarsi in piedi delle persone che non avevo visto prima. Era come se dal fianco di ogni persona che si trovava nella Cattedrale, uscisse un’altra persona. La chiesa si riempì così di varie persone giovani e belle, vestite con tuniche bianchissime. Si diressero fino al corridoio centrale procedendo poi verso l’altare.

Disse nostra Madre: “Osserva, sono gli Angeli Custodi di ognuna delle persone che si trovano qui. E’ il momento nel quale il vostro Angelo Custode porta le vostre offerte e preghiere all’Altare del Signore”.

[…]

Alcuni di loro portavano un vassoio d’oro con qualcosa che risplendeva di una luce bianco-dorata. Disse la Vergine: “Sono gli angeli Custodi che stanno offrendo questa Santa Messa per molte varie intenzioni, di quelle persone che sono coscienti di ciò che significa questa celebrazione, di quelle che hanno qualcosa da offrire al Signore…

In questo momento…, offrite le vostre pene, i vostri dolori, le vostre speranze, le vostre gioie e tristezze, le vostre richieste. Ricordatevi che la Messa ha un valore infinito, quindi siate generosi nell’offrire e nel chiedere”.

Dietro ai primi Angeli, ne venivano altri che non avevano niente nelle mani, le avevano vuote. Disse la Vergine: “Sono gli Angeli delle persone che pur essendo qui, non offrono mai niente, che non sono interessate a vivere ogni momento liturgico della Messa e non hanno offerte da portare all’altare del Signore”.

Per ultimi, vi erano degli altri Angeli che erano piuttosto tristi, con le mani giunte in preghiera, ma con gli occhi bassi: “Sono gli Angeli Custodi delle persone che pur essendo qui, è come se non ci fossero, vale a dire delle persone che sono venute per forza, che sono venute perchè si sentono obbligate, ma senza nessun desiderio di partecipare alla Santa Messa, e così gli Angeli vanno tristemente perchè non hanno niente da portare all’Altare, salvo le proprie preghiere.

Non intristite il vostro Angelo Custode… Pregate molto, pregate per la conversione dei peccatori, pregate per la pace nel mondo, per i vostri famigliari, per il vostro prossimo e per quelli che si raccomandano alle vostre preghiere. Pregate, pregate molto, non solo per voi, ma anche per gli altri.

Ricordatevi che l’offerta più gradita al Signore la fate quando offrite voi stessi come olocausto, affinché Gesù, nello scendere, vi trasformi con i Suoi propri meriti. Cosa avete da offrire al Padre che sia solo vostro? Il nulla ed il peccato, ma se vi offrite in unione ai meriti di Gesù, quell’offerta è gradita al Padre”.

[Catalina vede ora tante persone vestite con tuniche di vari colori; N.d.R.] Tutti questi si inginocchiavano al canto “Santo, Santo, Santo il Signore…”. Nostra Signora disse: “Sono tutti i Santi e i Beati del Cielo e fra di essi vi sono anche le anime dei vostri famigliari che godono già della Presenza di Dio”.

[…]

La Vergine disse: “Ti colpisce il fatto di vedermi un poco più indietro di Monsignore [il celebrante; N.d.T.], vero? Ma così deve essere… Per quanto mi ami, il Figlio Mio non Mi ha dato la dignità che dà ad un sacerdote, di poterlo continuamente portare quotidianamente tra le Mie mani, come lo fanno le mani sacerdotali. Ecco perchè provo un profondissimo rispetto per il sacerdote e per quel miracolo che Dio realizza per suo mezzo, e che mi obbliga qui ad inginocchiarmi”.

Dio mio, quanta dignità, quanta grazia riversa il Signore sulle anime sacerdotali, e noi non ne siamo coscienti, e talvolta, nemmeno tanti di loro!

Di fronte all’altare cominciarono a presentarsi delle ombre di persone di colore grigio, che sollevavano le mani verso l’alto. Disse la Vergine Santissima: “Sono anime benedette del Purgatorio che aspettano le vostre preghiere per trovare refrigerio. Non cessate di pregare per loro. Pregano per voi, ma non possono pregare per loro stesse, siete voi che dovete pregare per loro, per aiutarle ad uscire per incontrarsi con Dio e godere eternamente di Lui.

Come vedi, Io sono qui sempre… La gente fa pellegrinaggi, cerca i luoghi delle apparizioni, e questo va bene per tutte le grazie che si ricevono in quei luoghi, ma in nessuna apparizione, in nessun luogo Io sono presente per più tempo, come durante la Santa Messa. Ai piedi dell’Altare dove si celebra l’Eucaristia, sempre Mi potrete trovare; Io rimango ai piedi del Tabernacolo insieme agli Angeli, perchè Io sto sempre con Lui”.

Lo dico con dolore: la maggioranza degli uomini, ancor più delle donne, se ne stanno in piedi [durante la consacrazione] con le braccia incrociate come se dovessero rendere un omaggio al Signore da pari a pari, da uguale ad uguale. Disse la Vergine: “Dillo agli esseri umani, che mai un uomo è così davvero uomo come quando piega le ginocchia davanti a Dio”.

Il celebrante pronunciò le parole della “Consacrazione”. Era una persona di statura normale, ma all’improvviso cominciò a crescere, a riempirsi di luce, di una luce soprannaturale, tra il bianco e il dorato che lo avvolgeva, e diventava fortissima nella parte del volto, tanto che non si potevano più vedere i suoi lineamenti. Quando sollevò l’Ostia, vidi che le sue mani avevano sul dorso dei segni, dai quali usciva molta luce. Era Gesù!… Era Lui che con il Suo Corpo avvolgeva quello del celebrante. […]

Istintivamente abbassai la testa e Nostra Signora disse: “Non distogliere lo sguardo, alza gli occhi, contemplalo, incrocia il tuo sguardo con il Suo e ripeti la preghiera di Fatima: «Gesù mio, io credo, adoro spero e Ti amo. Ti chiedo perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non ti amano». Perdono e Misericordia… Adesso digli quanto lo ami, rendi il tuo omaggio al Re dei Re”.

[…]

Non appena Monsignore pronunciò le parole della Consacrazione del vino, insieme alle sue parole, incominciarono ad apparire dei bagliori come lampi, nel cielo e sullo sfondo. La chiesa non aveva più né tetto, né pareti, tutto era buio, vi era solamente quella luce che brillava nell’Altare.

All’improvviso sospeso in aria vidi Gesù Crocifisso, dalla testa sino alla parte bassa del torace. Il tronco trasversale della croce era sostenuto da grandi e forti mani. Dal centro di quello splendore, si distaccò un piccolo lume come una colomba molto piccola e molto brillante che, fatto velocemente il giro della chiesa, si posò sulla spalla sinistra del signor Arcivescovo [il celebrante; N.d.R.], che continuava ad essere Gesù, perchè potevo distinguere la Sua capigliatura, le Sue piaghe luminose, il Suo grandioso corpo, ma non vedevo il Suo volto.

In alto, Gesù Crocifisso, stava con il viso reclinato sulla spalla destra. Si vedevano sul volto e sulle braccia i segni dei colpi e delle ferite. Sul costato destro, all’altezza del petto, vi era una ferita da cui usciva a fiotti verso sinistra del sangue, e verso destra qualcosa che sembrava acqua, però molto brillante; ma erano piuttosto fasci di luce quelli che si dirigevano verso i fedeli, muovendosi a destra e a sinistra. Mi stupiva la quantità di sangue che traboccava dal Calice e pensai che avrebbe impregnato e macchiato tutto l’Altare, ma non ne cadde una sola goccia!

In quel momento la Vergine disse: “Te l’ho già ripetuto, questo è il miracolo dei miracoli, per il Signore non esistono né tempo, né distanza e nel momento della Consacrazione, tutta l’Assemblea viene trasportata ai piedi del Calvario nell’istante della Crocifissione di Gesù”.

Può qualcuno immaginarselo? I nostri occhi non lo possono vedere, ma tutti siamo là, nello stesso momento nel quale lo stanno crocefiggendo e mentre chiede perdono al Padre, non solamente per quelli che lo uccidono, ma per ognuno dei nostri peccati: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno!”.

A partire da quel giorno, non mi importa se mi prendono per pazza, io chiedo a tutti di inginocchiarsi, chiedo a tutti di cercare di vivere con il cuore e con tutta la sensibilità di cui sono capaci quel privilegio che il Signore ci concede.

Quando stavamo per cominciare a pregare il Padre Nostro, parlò il Signore, per la prima volta durante la celebrazione, e disse: “Ecco, voglio che tu preghi con la maggiore profondità di cui sei capace e che, in questo momento, ti ricordi della persona o delle persone che ti hanno causato più male nella tua vita, affinché tu li abbracci e dica loro con tutto il cuore: «Nel Nome di Gesù io ti perdono e ti auguro la pace. Nel Nome di Gesù io ti chiedo perdono e desidero la mia pace». Se questa persona merita la pace, la riceverà e ne avrà un gran bene; se questa persona non è capace di aprirsi alla pace, la pace tornerà al tuo cuore. Ma non voglio che tu riceva o dia la pace ad altre persone, fino a quando non sei capace di perdonare e di provare quella pace dapprima nel tuo cuore”.

“Fate attenzione a quello che fate” – continuò il Signore – “Voi ripetete nel Padre Nostro: perdonaci come noi perdoniamo quelli che ci offendono. Se siete capaci di perdonare e non, come dicono alcuni, di dimenticare, state mettendo delle condizioni a Dio. State dicendo: perdonami soltanto come io sono capace di perdonare, non di più”.

Non so come spiegare il mio dolore, nel comprendere quanto possiamo ferire il Signore e quanto possiamo fare male a noi stessi con tanti rancori, con i cattivi sentimenti e le cose brutte che nascono dai complessi e dalla suscettibilità. Perdonai, perdonai di cuore e chiesi perdono a tutti quelli che talvolta mi avevano offeso, per sentire la pace del Signore.

[…]

Arrivò il momento della Comunione dei celebranti […] la Vergine disse: “Questo è il momento di pregare per il celebrante e per i sacerdoti che lo accompagnano, ripeti con me: Signore, benedicili, santificali, aiutali, purificali, amali, abbine cura, sostienili con il tuo amore… Ricordatevi di tutti i sacerdoti del mondo, pregate per tutte le anime consacrate…”.

Amati fratelli, questo è il momento in cui dobbiamo pregare perché loro sono la Chiesa, così come lo siamo anche noi laici. Molte volte i laici esigono molto dai sacerdoti, però siamo incapaci di pregare per loro, di capire che sono persone umane, di comprendere e apprezzare la solitudine che molto spesso può circondare un sacerdote.

Dobbiamo capire che i sacerdoti sono persone come noi e che hanno bisogno di comprensione, di assistenza, che hanno bisogno di affetto e di attenzioni da parte nostra, perché stanno dando la loro vita per ognuno di noi, come Gesù, consacrandosi a Lui.

Il Signore vuole che la gente del gregge che Dio ha affidato loro, preghi e aiuti il proprio Pastore a santificarsi. Un giorno o l’altro, quando saremo dall’altra parte, comprenderemo la meraviglia compiuta dal Signore nel darci dei sacerdoti che ci aiutano a salvare la nostra anima.

[…]

La gente cominciò ad uscire dai banchi per andare a comunicarsi […] Il Signore mi disse: “Aspetta un momento, voglio che tu osservi qualcosa…”. Per un impulso interiore alzai gli occhi fino alla persona che andava a prendere la comunione nella lingua dalle mani del sacerdote. Devo precisare che questa persona […] non si era potuta confessare la sera prima e lo fece quella mattina, prima della Santa Messa. Quando il sacerdote ebbe posto la Sacra Ostia sulla sua lingua, vi fu come un lampo di luce; quella luce di colore bianco dorato intenso, attraversò questa persona prima dalla spalla e poi circondando la spalla, gli omeri e la testa. Disse il Signore: “E’ così che Io Mi compiaccio nell’abbracciare un’anima che viene a ricevermi col cuore puro!”. Il tono di Gesù era quello di una persona contenta.

[…]

Quando mi diressi a ricevere la comunione, Gesù mi ripeté: “L’Ultima Cena fu il momento di maggiore intimità con i Miei. In quell’ora dell’amore, istituii quello che agli occhi degli uomini potrebbe sembrare la più grande pazzia, farmi prigioniero d’Amore. Istituii l’Eucaristia. Volli rimanere con voi fino alla fine dei secoli, perchè il Mio Amore non poteva sopportare che rimanessero orfani quelli che amavo più della Mia Vita…”.

[…]

Quando tornai al mio posto, mentre mi inginocchiavo il Signore mi disse: “Ascolta…”. [in quel momento una signora, seduta davanti a Catalina che aveva appena preso la Comunione, senza aprire bocca disse]: “Signore, ricordati che siamo alla fine del mese e che non ho i soldi per pagare l’affitto, la rata della macchina, il collegio dei bambini, devi fare qualcosa per aiutarmi… Per favore, fa che mio marito smetta di bere tanto, non posso sopportare più le sue ubriachezze, e mio figlio minore perderà di nuovo l’anno se non lo aiuti, questa settimana ha gli esami… e non dimenticarti della vicina che deve cambiare casa, che lo faccia una buona volta perchè io non la posso sopportare…”.

[…] Gesù mi disse con un tono triste: “Ti sei resa conto? Non mi ha detto una sola volta che Mi ama, non una sola volta ha dato segni di gratitudine per il dono che le ho fatto di far scendere la Mia Divinità fino alla sua povera umanità, per elevarla a Me. Non una sola volta ha detto: «grazie, Signore». E’ stata una litania di richieste… e sono così quasi tutti quelli che vengono a ricevermi.

Io sono morto per amore e sono risuscitato. Per amore aspetto ognuno di voi e per amore rimango con voi… ma voi non vi rendete conto del fatto che Io ho bisogno del vostro amore. Ricorda che Sono il Mendicante d’Amore in quest’ora sublime per l’anima”.

[…]

Quando il celebrante stava per impartire la benedizione, la Vergine Santissima disse: “Fai attenzione, osserva bene… Invece di fare il segno della Croce, voi fate un ghirigoro. Ricorda che questa benedizione può essere l’ultima che ricevi nella tua vita dalla mano di un sacerdote. Tu non sai se uscendo da qui, morirai o no, e non sai se avrai l’opportunità che un altro sacerdote ti dia una benedizione. Quelle mani consacrate ti stanno dando la benedizione nel Nome della Santissima Trinità, pertanto, fai il Segno della Croce con rispetto e come se fosse l’ultimo della tua vita”.

[…]

[subito dopo la fine della Messa, Gesù disse:] “Non andate via di corsa dopo terminata la Messa, rimanete un momento in Mia compagnia, traetene profitto e lasciate che anche Io possa trarre profitto dalla vostra compagnia…”.

[… Catalina chiede a Gesù:] Signore quanto rimani davvero, dopo la comunione? Suppongo che il Signore abbia riso della mia ingenuità, perché disse: “Tutto il tempo che tu vorrai tenermi con te. Se mi parli durante tutto il giorno, dedicandomi qualche parola durante le tue faccende, Io ti ascolterò. Io sono sempre con voi, siete voi che vi allontanate da Me. Uscite dalla Messa, e per quel giorno è quanto basta; avete osservato il giorno del Signore, e tutto finisce lì, e non pensate che Mi piacerebbe condividere la vostra vita familiare con voi almeno in quel giorno.

Voi nelle vostre case avete un luogo per tutto, e una stanza per ogni attività: una camera per dormire, un’altra per cucinare, una per mangiare, ecc.. Qual’è il luogo che hanno destinato a Me? Deve essere un luogo nel quale non soltanto tenete una immagine permanentemente impolverata, ma un luogo nel quale almeno per cinque minuti al giorno la famiglia si riunisce a ringraziare per la giornata, per il dono della vita, a pregare per le necessità quotidiane, chiedere benedizioni, protezione, salute… Tutti hanno un posto nelle vostre case, tranne Io.

Gli uomini programmano la loro giornata, la settimana, il semestre, le vacanze ecc.. Sanno in quale giorno riposeranno, in che giorno andranno al cinema o ad una festa, a visitare la nonna o i nipoti, i figli, gli amici, quando andranno a divertirsi. Ma quante famiglie dicono almeno una volta al mese: «Questo è il giorno in cui dobbiamo andare a visitare Gesù nel Tabernacolo» e tutta la famiglia viene a fare conversazione con Me, a sedersi di fronte a Me e a parlarmi, a raccontarmi ciò che è accaduto negli ultimi giorni, raccontarmi i problemi, le difficoltà che hanno, chiedermi ciò di cui hanno necessità… Farmi partecipe delle loro faccende! Quante volte?

Io so tutto, leggo nel più profondo dei vostri cuori e delle vostre menti, però Mi piace che siate voi a raccontarmi le vostre cose, che me ne facciate partecipe come uno della famiglia, come con l’amico più intimo. Quante grazie perde l’uomo perchè non Mi dà un posto nella sua vita…”.

[…]

“Volli salvare la Mia creatura, perchè il momento di aprirle la porta del Cielo è stato pieno di troppo dolore…

Ricorda che nessuna madre ha nutrito il proprio figlio con la sua carne. Io sono arrivato a questo eccesso d’Amore per comunicarvi i Miei meriti.

La Santa Messa sono Io stesso che prolungo la Mia vita e il Mio Sacrificio sulla Croce in mezzo a voi. Senza i meriti della Mia Vita e del Mio Sangue, che cosa avete voi per presentarvi davanti al Padre? Il nulla, la miseria, il peccato…

Voi dovreste sorpassare in virtù gli Angeli e gli Arcangeli, perchè loro non hanno la fortuna di ricevermi come alimento, voi sì. Essi bevono una goccia della sorgente, ma voi che avete la grazia di ricevermi, potete bere tutto l’oceano…”.

L’altra cosa di cui il Signore mi parlò con dolore fu di quelle persone che si incontrano con Lui per abitudine. Di quelle che hanno perso il meraviglioso stupore di ogni incontro con Lui. Di come l’abitudine faccia diventare certe persone così tiepide che non hanno mai niente di nuovo da dire a Gesù quando Lo ricevono. Delle non poche anime consacrate che perdono l’entusiasmo di innamorarsi del Signore e fanno della loro vocazione un mestiere, una professione, alla quale non si dedicano più di quanto sia necessario, ma senza sentimento…

Quindi il Signore mi parlò dei frutti che ogni comunione deve portare in noi. Accade infatti che ci sia della gente che riceve il Signore ogni giorno, ma non cambia la propria vita.

Dedicano molte ore alla preghiera, compiono molte opere, ecc. ecc., ma la loro vita non si trasforma, e una vita che non si trasforma non può dare frutti autentici per il Signore. I meriti che riceviamo nell’Eucaristia debbono portare frutti di conversione in noi e frutti di carità per i nostri fratelli.

Noi laici abbiamo un incarico molto importante dentro la nostra Chiesa, non abbiamo nessun diritto di tacere davanti all’invito che ci fa il Signore, come lo fa ad ogni battezzato, di andare ad annunciare la Buona Novella. Non abbiamo alcun diritto di ricevere tutte queste conoscenze e non darle agli altri, e così permettere che i nostri fratelli muoiano di fame, mentre noi abbiamo tanto pane nelle nostre mani.

Non possiamo stare a guardare mentre la nostra Chiesa cade in rovina, perché siamo comodi nelle nostre Parrocchie, nelle nostre case, ricevendo e continuando a ricevere tanto dal Signore: la Sua Parola, le omelie del sacerdote, i pellegrinaggi, la Misericordia di Dio nel Sacramento della confessione, l’unione meravigliosa attraverso il cibo Eucaristico, i discorsi del tale o del tal’altro predicatore.

In altre parole, stiamo ricevendo tanto e non abbiamo il coraggio di uscire dalle nostre comodità, di andare in un carcere, in una casa di correzione, di parlare con chi è più bisognoso, di dirgli che non si dia per vinto, che è nato cattolico e che la sua Chiesa ha bisogno di lui, anche lì dove è, sofferente, perché questo suo dolore servirà per redimere altri, perché questo sacrificio gli farà guadagnare la vita eterna.

Non siamo capaci di andare negli ospedali dove ci sono i malati terminali e, recitando la coroncina alla Divina Misericordia, aiutarli con la nostra preghiera in quei momenti di lotta tra il bene e il male, per liberarli dalle insidie e dalle tentazioni del demonio. Ogni moribondo ha paura, e anche soltanto tenendo loro la mano, parlando loro dell’amore di Dio e della meraviglia che li aspetta nel Cielo con Gesù e Maria e insieme ai propri cari che sono già partiti, reca loro conforto.

L’ora che stiamo vivendo, non ammette che accettiamo l’indifferenza.

Dobbiamo essere per i nostri sacerdoti la mano d’aiuto che va dove loro non possono arrivare. Ma per fare questo, per averne il coraggio, dobbiamo ricevere Gesù, vivere con Gesù, alimentarci di Gesù. Abbiamo paura di impegnarci un po’ di più e quando il Signore dice: “Cerca prima il Regno di Dio e il resto ti sarà dato in aggiunta”, è ricevere tutto. È cercare il Regno di Dio con tutti i mezzi e… aprire le mani per ricevere TUTTO in aggiunta; perché Egli è il Padrone che paga meglio, l’unico che è attento anche alle tue più piccole necessità!

Fratello, sorella, grazie per avermi permesso di portare a termine la missione che mi è stata affidata, di farti giungere queste pagine.

La prossima volta che assisterai alla Santa Messa, vivila. So che il Signore compirà anche in te la promessa che “la tua Messa non sarà mai più quella di prima” e quando lo ricevi: Amalo…!

Sperimenta la dolcezza di riposare tra le piaghe del Suo costato aperto per te, per lasciarti la Sua Chiesa e Sua Madre, per aprirti le porte della Casa del Padre Suo, e perché tu sia capace di verificare il Suo Amore Misericordioso attraverso questa testimonianza e di cercare di corrispondervi con il tuo piccolo amore.

Che Dio ti benedica in questa Pasqua di Resurrezione.

Tua sorella in Gesù Cristo Vivo,

Catalina

Vangelo di Domenica 14 Giugno 2015

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Libro di Ezechiele 17,22-24.
Cosi dice il Signore Dio: “Io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio;
lo pianterò sul monte alto d’Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà.
Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso; faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò”.

Salmi 92(91),2-3.13-14.15-16.
È bello dar lode al Signore
e cantare al tuo nome, o Altissimo,
annunziare al mattino il tuo amore,
la tua fedeltà lungo la notte,

Il giusto fiorirà come palma,
crescerà come cedro del Libano;
piantati nella casa del Signore,
fioriranno negli atri del nostro Dio.

Nella vecchiaia daranno ancora frutti,
saranno vegeti e rigogliosi,
per annunziare quanto è retto il Signore:
mia roccia, in lui non c’è ingiustizia.

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinti 5,6-10.
Così, dunque, siamo sempre pieni di fiducia e sapendo che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore,
camminiamo nella fede e non ancora in visione.
Siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo ed abitare presso il Signore.
Perciò ci sforziamo, sia dimorando nel corpo sia esulando da esso, di essere a lui graditi.
Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, ciascuno per ricevere la ricompensa delle opere compiute finché era nel corpo, sia in bene che in male.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 4,26-34.
In quel tempo, Gesù diceva alla folla: «Il regno di Dio è come un uomo che getta il seme nella terra;
dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce; come, egli stesso non lo sa.
Poiché la terra produce spontaneamente, prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga.
Quando il frutto è pronto, subito si mette mano alla falce, perché è venuta la mietitura».
Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo?
Esso è come un granellino di senapa che, quando viene seminato per terra, è il più piccolo di tutti semi che sono sulla terra;
ma appena seminato cresce e diviene più grande di tutti gli ortaggi e fa rami tanto grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra».
Con molte parabole di questo genere annunziava loro la parola secondo quello che potevano intendere.
Senza parabole non parlava loro; ma in privato, ai suoi discepoli, spiegava ogni cosa.

Sant’Eliseo Profeta

Eliseo è il continuatore dell’opera di Elia. Ricco possidente, originario di Abelmeula, Eliseo era un uomo deciso e lo dimostra la prontezza con cui rispose al gesto simbolico di Elia che, per ordine di Jahvè, lo consacrava profeta e suo successore.

Si legge, infatti, nella Bibbia : « Partito di lì, Elia incontrò Eliseo figlio di Safàt. Costui arava con dodici paia di buoi davanti a sé, mentre egli stesso guidava il decimosecondo. Elia, passandogli vicino, gli gettò addosso il suo mantello. Quegli lasciò i buoi e corse dietro a Elia, dicendogli: “Andrò a baciare mio padre e mia madre, poi ti seguirò”. Elia disse: “Và e torna, perché sai bene che cosa ho fatto di te”. Allontanatosi da lui, Eliseo prese un paio di buoi e li uccise; con gli attrezzi per arare ne fece cuocere la carne e la diede alla gente, perché la mangiasse. Quindi si alzò e seguì Elia, entrando al suo servizio » (1Re 19,19-21).

Il ricco agricoltore, con quel gesto significativo, voleva dire al suo maestro che ormai era disposto a rinunciare a tutto per rispondere in pieno alla vocazione profetica. Elia adottò così Eliseo come un figlio e lo investì del suo ruolo profetico (l’evento viene datato come circa quattro anni prima della morte del Re d’Israele Acab). Eliseo fu dunque il principale discepolo di Elia finché questi non venne rapito in cielo, su un cocchio infiammato, sulla strada per Gerico.

Elia gli aveva chiesto: “Domanda che cosa io debba fare per te prima che sia rapito lontano da te”.Eliseo rispose:”Due terzi del tuo spirito diventino miei”. (2Re 2,9). Gli era stato fedele discepolo per sei anni, ora gli avanzava la sua richiesta di eredità, non in beni materiali, ma in virtù carismatica. La domanda di Eliseo venne esaudita.
Egli è, infatti, il più taumaturgico dei profeti. La Bibbia ricorda una lunga serie di prodigi da lui operati:
Østendendo il mantello di Elia divise le acque del Giordano;
Øcon una manciata di sale rese potabile l’acqua di Gerico;
Ørese inesauribile l’olio d’oliva di una vedova;
Ørisuscitò il figlio della sunamita che lo ospitava;
Ømoltiplicò i pani sfamando un centinaio di persone;
Øguarì dalla lebbra Naaman, generale del re di Damasco.

Operò miracoli anche dopo la morte: un morto, gettato frettolosamente sulla tomba del profeta da un becchino impaurito dall’arrivo di alcuni predoni “risuscitò, si alzò in piedi e se ne andò”.

Il profeta Eliseo morì verso il 790 a.C., e venne sepolto nei pressi di Samaria, dove ai tempi di S. Girolamo esisteva ancora il suo sepolcro.
Le reliquie di Eliseo sono conservate nel Monastero copto di S. Macario il Grande a Wasi El Natrum, in Egitto.

Significato del nome Eliseo : “Dio è la mia salvezza” (ebraico).

Vangelo di Sabato 13 Giugno 2015

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Libro di Isaia 61,9-11.
Sarà famosa tra i popoli la loro stirpe,
i loro discendenti tra le nazioni.
Coloro che li vedranno ne avranno stima,
perché essi sono la stirpe che il Signore ha benedetto.
Io gioisco pienamente nel Signore,
la mia anima esulta nel mio Dio,
perché mi ha rivestito delle vesti di salvezza,
mi ha avvolto con il manto della giustizia,
come uno sposo che si cinge il diadema
e come una sposa che si adorna di gioielli.
Poiché come la terra produce la vegetazione
e come un giardino fa germogliare i semi,
così il Signore Dio farà germogliare la giustizia
e la lode davanti a tutti i popoli.

Primo libro di Samuele 2,1.4-5.6-7.8abcd.
«Il mio cuore esulta nel Signore,
la mia fronte s’innalza grazie al mio Dio.
Si apre la mia bocca contro i miei nemici,
perché io godo del beneficio che mi hai concesso.

L’arco dei forti s’è spezzato,
ma i deboli sono rivestiti di vigore.
I sazi sono andati a giornata per un pane,
mentre gli affamati han cessato di faticare.
La sterile ha partorito sette volte
e la ricca di figli è sfiorita.

Il Signore fa morire e fa vivere,
scendere agli inferi e risalire.
Il Signore rende povero e arricchisce,
abbassa ed esalta.

Solleva dalla polvere il misero,
innalza il povero dalle immondizie,
per farli sedere insieme con i capi del popolo
e assegnar loro un seggio di gloria».

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 2,41-51.
I genitori di Gesù si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua.
Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza;
ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero.
Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti;
non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme.
Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava.
E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte.
Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo».
Ed egli rispose: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?».
Ma essi non compresero le sue parole.
Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore.

Sant’Antonio di Padova

Antonio di Padova (in portoghese António de Lisboa), al secolo Fernando Martim de Bulhões e Taveira Azevedo, nasce a Lisbona il 15 agosto 1195 da nobile famiglia portoghese discendente dal crociato Goffredo di Buglione. A quindici anni è novizio nel monastero di San Vincenzo a Lisbona, poi si trasferisce nel monastero di Santa Croce di Coimbra, il maggior centro culturale del Portogallo appartenente all’Ordine dei Canonici regolari di S. Agostino, dove studia scienze e teologia con ottimi maestri, preparandosi all’ordinazione sacerdotale che riceverà nel 1219 all’età di ventiquattro anni.

Quando sembra dover percorrere la carriera del teologo e del filosofo, decide di lasciare l’ordine agostiniano. Fernando, infatti, non sopporta i maneggi politici tra i canonici agostiniani e re Alfonso II, in cuor suo anela ad una vita religiosamente più severa. Il suo desiderio si realizza allorché, nel 1220, giungono a Coimbra i corpi di cinque frati francescani decapitati in Marocco, dove si erano recati a predicare per ordine di Francesco d’Assisi. Quando i frati del convento di monte Olivares arrivano per accogliere le spoglie dei martiri, Fernando confida loro l’aspirazione a vivere nello spirito del Vangelo. Ottenuto il permesso dal provinciale francescano di Spagna e dal priore agostiniano, Fernando entra così nel romitorio dei Minori e fa subito professione religiosa, mutando il nome in Antonio in onore dell’abate eremita egiziano.

Anelando al martirio, subito chiede ed ottiene di partire missionario in Marocco. È verso la fine del 1220 che s’imbarca su un veliero diretto in Africa, ma durante il viaggio è colpito da febbre malarica e costretto a letto. La malattia si protrae e in primavera i compagni lo convincono a rientrare in patria per curarsi.Secondo altre versioni, Antonio non si fermò mai in Marocco: ammalatosi appena partito da Lisbona, la nave fu spinta da una tempesta direttamente a Messina, in Sicilia. Curato dai francescani della città, in due mesi guarisce. A Pentecoste è invitato al Capitolo Generale di Assisi; arriva con altri francescani a S. Maria degli Angeli dove ha modo di ascoltare Francesco, ma non di conoscerlo personalmente.

Il ministro provinciale dell’ordine per l’Italia settentrionale gli propone di trasferirsi a Montepaolo, presso Forlì, dove manca un sacerdote che dica la messa per i sei frati residenti nell’eremo composto da una chiesolina, qualche cella e un orto; Antonio accetta. Per circa un anno e mezzo vive in contemplazione e penitenza, svolgendo, per desiderio personale, le mansioni più umili, finché un giorno scende con i confratelli in città per assistere, nella chiesa di S. Mercuriale, all’ordinazione di nuovi sacerdoti dell’ordine e lì predica alla presenza di una vasta platea, composta anche dai notabili.
Da allora ad Antonio è assegnato il ruolo di predicatore e insegnante dallo stesso Francesco, che gli scrive una lettera raccomandandogli, però, di non perdere lo spirito della santa orazione e della devozione. Comincia a predicare nella Romagna, prosegue nell’Italia settentrionale, usa la sua parola per combattere l’eresia (è chiamato anche“il martello degli eretici”) catara in Italia e albigese in Francia, dove arriverà nel 1225. Tra il 1223 e quest’ultima data, infatti, pone le basi della scuola teologica francescana, insegnando nel convento bolognese di S. Maria della Pugliola.

Quando è in Francia, tra il 1225 e il 1227, assume un incarico di governo come custode di Limoges. Mentre si trova in visita ad Arles, si racconta gli sia apparso Francesco che aveva appena ricevuto le stigmate. Come custode partecipa nel 1227 al Capitolo generale di Assisi dove il nuovo ministro dell’Ordine – Francesco nel frattempo è morto – è Giovanni Parenti, quel provinciale di Spagna che lo aveva accolto anni prima fra i Minori e che lo nomina provinciale dell’Italia settentrionale.

Antonio apre nuove case, visita i conventi per conoscere personalmente tutti i frati, controlla le Clarisse e il Terz’ordine, va a Firenze, finché fissa la sua residenza a Padova e in due mesi scrive i Sermoni domenicali. A Padova ottiene la riforma del Codice statutario repubblicano grazie alla quale un debitore insolvente, ma senza colpa, dopo aver ceduto tutti i beni non può essere anche incarcerato. Non solo, tiene testa ad Ezzelino da Romano, che era soprannominato il Feroce e che in un solo giorno fece massacrare undicimila padovani che gli erano ostili, perché liberasse i capi guelfi incarcerati.
Intanto scrive anche i Sermoni per le feste dei Santi, in cui approfondisce i temi a lui più cari: i precetti della fede, della morale e della virtù, l’amore di Dio e la pietà verso i poveri, la preghiera e l’umiltà, la mortificazione e si scaglia contro l’orgoglio e la lussuria, l’avarizia e l’usura di cui è acerrimo nemico.
È mariologo, convinto assertore dell’assunzione della Vergine, su richiesta di papa Gregorio IX (Ugolino dei Conti di Segni, 1227-1241) nel 1228 tiene le prediche della settimana di Quaresima e da questo stesso Pp viene appellato “arca del Testamento”. Si racconta che le prediche furono tenute davanti ad una folla cosmopolita e che ognuno lo sentì parlare nella propria lingua.

Per tre anni Antonio viaggia senza risparmio, è stanco, soffre d’asma ed è gonfio per l’idropisia, torna a Padova e memorabili sono le sue prediche per la quaresima del 1231.
Per riposarsi si ritira a Camposampiero, vicino Padova, dove il conte Tiso, che aveva regalato un eremo ai frati, gli fa allestire una stanzetta tra i rami di un albero di noce. Da qui Antonio predica, ma scende anche a confessare e la sera torna alla sua cella arborea. Una notte il conte Tiso, andato a controllare come stesse Antonio, è attirato da una grande luce che esce dal suo rifugio e assiste alla visita che Gesù Bambino fa al Santo.

A mezzogiorno del venerdì 13 giugno Antonio si sente mancare le forze e prega i confratelli di portarlo a Padova, dove vuole morire. Caricato su un carro trainato da buoi, alla periferia della città le sue condizioni si aggravano al punto che si decide di ricoverarlo nel vicino convento dell’Arcella, dove muore in serata; si racconta che mentre stava per spirare ebbe la visione del Signore. Nei giorni seguenti la sua morte, si scatenano “guerre intestine” tra il convento dove era morto che voleva conservarne le spoglie e quello di S. Maria Mater Domini, il suo convento, dove avrebbe voluto morire. Durante la disputa si verificano persino disordini popolari, infine, il padre provinciale decise che la salma sarebbe stata portata a Mater Domini. Non appena il corpo giunse a destinazione iniziarono i miracoli, alcuni documentati da testimoni. Anche in vita, in realtà, Antonio aveva operato miracoli quali esorcismi, profezie, guarigioni, compreso il riattaccare una gamba recisa, o il far ritrovare il cuore di un avaro in uno scrigno, rendere innocui cibi avvelenati, predicare ai pesci, costringere una mula ad inginocchiarsi davanti all’Ostia. I suoi miracoli – in vita e dopo la morte – hanno ispirato molti artisti fra cui Tiziano e Donatello.

Antonio, per la mole di miracoli attribuitagli, fu canonizzato l’anno seguente la sua morte da Pp Gregorio IX.

La grande Basilica a lui dedicata sorge vicino al convento di S. Maria Mater Domini. Trentadue anni dopo la sua morte, durante la traslazione delle sue spoglie, Bonaventura da Bagnoregio (canonizzato nel 1482) trovò la lingua di Antonio incorrotta, oggi conservata nella Cappella del Tesoro presso la basilica della città patavina di cui è patrono.

Il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), che nel 1946 ha annoverato S. Antonio tra i Dottori della Chiesa Cattolica, gli ha dato il titolo di “Doctor Evangelicus”, in quanto nei suoi scritti e nelle prediche che ci sono giunte era solito sostenere le sue affermazioni con citazioni del Vangelo.

Significato del nome Antonio : “nato prima” o “che fa fronte ai suoi avversari” (greco).

Cuore Immacolato B.M.V.

“Affinché la devozione all’augustissimo Cuore di Gesù produca i più copiosi frutti nella famiglia cristiana e perfino nell’intera umanità – ha insegnato il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958) nell’enciclica « Haurietis Aquas» -, i fedeli abbiano cura di unirvi strettamente la devozione al Cuore Immacolato della Madre di Dio” (§ 84).

Nella Sacra Scrittura, il vocabolo “cuore” è alla base del rapporto religioso-morale dell’uomo con Dio. Il cuore è al centro di tutta la vita spirituale dell’uomo; è principio di vita, memoria, pensiero, volontà, interiorità: il cuore è inteso come sede dell’incontro con Dio.
L’espressione “Cuore Immacolato”, applicato a Maria, è divenuta di uso corrente in seguito alla definizione del dogma dell’Immacolata Concezione (Beato Pio IX – Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878), 8 dicembre 1854, bolla “Ineffabilis Deus”, e raggiunse la massima diffusione negli anni 1942-1952, a motivo degli avvenimenti di Fatima che determinarono la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato.

L’origine storica della festa è abbastanza recente, come è ricordato nell’Esortazione apostolica “Marialis Cultus” (2 febbraio 1974) del Servo di Dio Paolo VI (Giovanni Battista Montini, 1963-1978 ) che annovera la memoria del Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria tra le “memorie o feste che esprimono orientamenti emersi nella pietà contemporanea” (MC 8).

S. Giovanni Eudes (1601-1680) che fu padre, dottore e primo apostolo di questa devozione, come risulta dalle dichiarazioni (1903) di Pp Leone XIII (Vincenzo Gioacchino Pecci, 1878-1903) e, nel 1909, di S. Pio X (Giuseppe Melchiorre Sarto, 1903-1914), non separava mai i due Cuori nei suoi progetti liturgici.
Con alcuni suoi discepoli, nel 1648, il santo cominciò a celebrare la festa del Cuore di Maria, componendo i testi liturgici per la Messa; ma solo nel 1805 Pp Pio VII (Barnaba Chiaramonti, 1800-1823) decise di permetterne la celebrazione a tutti quelli che ne avrebbero fatto esplicita richiesta.

Nel 1864 alcuni vescovi chiesero al Papa (Beato Pio IX) la consacrazione del mondo al Cuore di Maria. La prima nazione che si consacrò fu l’Italia, in occasione del Congresso Mariano di Torino del 1897.

Nel secolo XX nuovi avvenimenti prepararono il grande trionfo liturgico della devozione al Cuore di Maria e in particolare le apparizioni di Fatima e le rivelazioni fatte alla mistica portoghese Alessandrina de Balazar.

Il 31 ottobre 1942, nel venticinquesimo anniversario delle apparizioni di Fatima, il Venerabile Pio XII consacrava la Chiesa e il genere umano al Cuore immacolato di Maria e, con il decreto del 1944, istituiva la festa universale del Cuore di Maria, fissando la celebrazione al giorno 22 agosto, ottava dell’Assunta, per invocare la pace.

Successivamente, la celebrazione venne fissata, come memoria, il giorno dopo la solennità del Sacro Cuore di Gesù.

Sacratissimo Cuore di Gesù

I primi impulsi alla devozione del Sacro Cuore di Gesù provengono dalla mistica tedesca del tardo medioevo, in modo particolare da Matilde di Magdeburgo (1207-1282), Matilde di Hachenborn (1241-1299), Gertrude di Helfta (ca. 1256-1302) ed Enrico Suso (1295-1366).
Tuttavia la grande fioritura della devozione si ebbe nel corso del XVII sec., prima ad opera di Giovanni Eudes (1601-1680), poi dopo una serie di visioni avute da S. Margherita Maria Alacoque a Paray-le-Monial (F), nel corso delle quali Gesù le chiese il suo impegno per l’istituzione di una festa dedicata al Sacro Cuore.

Queste apparizioni ebbero luogo tra gli anni 1673 e 1675 :

1) La prima visione avvenne il 27 dicembre 1673, festa di S. Giovanni Evangelista. Gesù le apparve e Margherita si sentì “tutta investita della divina presenza”; la invitò a prendere il posto che S. Giovanni aveva occupato durante l’Ultima Cena e le disse: “Il mio divino Cuore è così appassionato d’amore per gli uomini, che non potendo più racchiudere in sé le fiamme della sua ardente carità, bisogna che le spanda. Io ti ho scelta per adempiere a questo grande disegno, affinché tutto sia fatto da me”.
2) Una seconda visione le apparve agli inizi del 1674, forse un venerdì; il divin Cuore si manifestò su un trono di fiamme, più raggiante del sole e trasparente come cristallo, circondato da una corona di spine simboleggianti le ferite inferte dai nostri peccati e sormontato da una croce.
3) Sempre nel 1674 le apparve la terza visione, anche questa volta un venerdì dopo la festa del Corpus Domini; Gesù si presentò alla santa tutto sfolgorante di gloria, con le sue cinque piaghe, brillanti come soli e da quella sacra umanità uscivano fiamme da ogni parte, ma soprattutto dal suo mirabile petto che rassomigliava ad una fornace e essendosi aperto, ella scoprì l’amabile e amante Cuore, la vera sorgente di quelle fiamme.
Poi Gesù, lamentando l’ingratitudine degli uomini e la noncuranza rispetto ai suoi sforzi per far loro del bene, le chiese di supplire a questo. Gesù la sollecitò a fare la Comunione al primo venerdì di ogni mese e di prosternarsi con la faccia a terra dalle undici a mezzanotte, nella notte tra il giovedì e il venerdì.
Vennero così indicate le due principali devozioni, la Comunione al primo venerdì di ogni mese e l’ora santa di adorazione.
4) La quarta rivelazione più meravigliosa e decisiva, ebbe luogo il 16 giugno 1675 durante l’ottava del Corpus Domini. Nostro Signore le disse che si sentiva ferito dalle irriverenze dei fedeli e dai sacrilegi degli empi, aggiungendo: “Ciò che mi è ancor più sensibile è che sono i cuori a me consacrati che fanno questo”.
Gesù chiese ancora che il venerdì dopo l’ottava del Corpus Domini, fosse dedicato ad una festa particolare per onorare il suo Cuore e con Comunioni per riparare alle offese da lui ricevute. Inoltre indicò come esecutore della diffusione di questa devozione, il padre spirituale di Margherita, il gesuita Claude de la Colombiere (canonizzato il 31/05/1992), superiore della vicina Casa dei Gesuiti di Paray-le-Monial.

Un secolo dopo, nel 1765, la Santa Sede autorizzò l’episcopato polacco e l’arciconfraternita Roma del Sacro Cuore a celebrare questa Festa. Tuttavia solo nel 1856 il Beato Pp Pio IX (Giovanni Maria Mastai Ferretti, 1846-1878) stabilì il culto universale di questa Festa, estendendola a tutta la Chiesa cattolica.

Cento anni dopo, il 15 maggio 1956, il Venerabile Pio XII (Eugenio Pacelli, 1939-1958), nel promuovere il culto al Cuore di Gesù con l’enciclica « Haurietis aquas » [ “Voi attingerete con gaudio le acque dalle fonti del Salvatore”(Is 12,3) sono le parole del profeta che aprono l’Enciclica] , esortava i credenti ad aprirsi al mistero di Dio e del suo amore, lasciandosi da esso trasformare.

Certamente la devozione al Cuore di Gesù non è la celebrazione del culto di una parte anatomica del suo corpo; si tratta della devozione e del culto dello stesso Cristo Gesù e alla sua Persona, al suo essere il Figlio di Dio, il Redentore dell’uomo che con “cuore” infinitamente grande ha tanto amato i suoi da dare la vita per loro fino a morire in croce. Sulla croce quel cuore fu trafitto dalla lancia di un soldato e subito ne uscì sangue ed acqua, come ricordano i Santi Evangeli. L’oggetto, dunque, della nostra adorazione è il Figlio Unigenito del Padre, Gesù Salvatore e Redentore. Parlare del Cuore di Gesù è parlare dell’amore di Dio per gli uomini.

La domenica1° giugno 2008 (Angelus, 1 giugno 2008) Papa Benedetto XVI (Joseph Ratzinger, 2005-2013) , spiegando il senso di questa devozione, ha detto : « dall’orizzonte infinito del suo amore, infatti, Dio ha voluto entrare nei limiti della storia e della condizione umana, ha preso un corpo e un cuore; così che noi possiamo contemplare e incontrare l’infinito nel finito, il Mistero invisibile e ineffabile nel Cuore umano di Gesù, il Nazareno ».

Le dodici promesse di Gesù ai devoti del suo Sacro Cuore
(Gesù a S. Margherita Maria Alacoque)
1. Darò loro tutte le grazie necessarie al loro stato.
2. Metterò la pace nelle loro famiglie.
3. Li consolerò in tutte le loro pene.
4. Sarò loro rifugio sicuro durante la vita e soprattutto alla loro morte.
5. Spargerò abbondanti benedizioni su tutte le loro imprese.
6. I peccatori troveranno nel mio Cuore la fonte e l’oceano infinito della misericordia.
7. Le anime tiepide diventeranno ferventi.
8. Le anime ferventi si eleveranno a grande perfezione.
9. Benedirò le case dove l’immagine del mio Sacro Cuore sarà esposta e onorata.
10. Darò ai sacerdoti il dono di toccare i cuori più induriti.
11. Le persone che propagheranno questa devozione avranno il loro nome scritto nel mio Cuore, dove non sarà mai cancellato.
12. Io prometto nell’eccesso della misericordia del mio Cuore che il mio amore onnipotente concederà a tutti quelli che si comunicheranno il primo venerdì del mese per nove mesi consecutivi la grazia della penitenza finale. Essi non moriranno in mia disgrazia, né senza ricevere i Sacramenti, e il mio Cuore sarà loro rifugio sicuro in quell’ora estrema.

Vangelo di Venerdì 12 Giugno 2015

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Libro di Osea 11,1.3-4.8c-9.
Quando Israele era giovinetto, io l’ho amato e dall’Egitto ho chiamato mio figlio.
Ad Efraim io insegnavo a camminare tenendolo per mano, ma essi non compresero che avevo cura di loro.
Io li traevo con legami di bontà, con vincoli d’amore; ero per loro come chi solleva un bimbo alla sua guancia; mi chinavo su di lui per dargli da mangiare.
Il mio cuore si commuove dentro di me, il mio intimo freme di compassione.
Non darò sfogo all’ardore della mia ira, non tornerò a distruggere Efraim, perchè sono Dio e non uomo; sono il Santo in mezzo a te e non verrò nella mia ira.

Libro di Isaia 12,2-3.4bcd.5-6.
Ecco, Dio è la mia salvezza;
io confiderò, non avrò mai timere,
perché mia forza e mio canto è il Signore;
egli è stato la mia salvezza.
Attingerete acqua con gioia
alle sorgenti della salvezza.

“Lodate il Signore, invocate il suo nome;
manifestate tra i popoli le sue meraviglie,
proclamate che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi,
ciò sia noto in tutta la terra.
Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion,
perché grande in mezzo a voi è il Santo di Israele”.

Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini 3,8-12.14-19.
Fratelli, a me, che sono l’infimo fra tutti i santi, è stata concessa questa grazia di annunziare ai Gentili le imperscrutabili ricchezze di Cristo,
e di far risplendere agli occhi di tutti qual è l’adempimento del mistero nascosto da secoli nella mente di Dio, creatore dell’universo,
perché sia manifestata ora nel cielo, per mezzo della Chiesa, ai Principati e alle Potestà la multiforme sapienza di Dio,
secondo il disegno eterno che ha attuato in Cristo Gesù nostro Signore,
il quale ci dà il coraggio di avvicinarci in piena fiducia a Dio per la fede in lui.
Per questo, dico, io piego le ginocchia davanti al Padre,
dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome,
perché vi conceda, secondo la ricchezza della sua gloria, di essere potentemente rafforzati dal suo Spirito nell’uomo interiore.
Che il Cristo abiti per la fede nei vostri cuori e così, radicati e fondati nella carità,
siate in grado di comprendere con tutti i santi quale sia l’ampiezza, la lunghezza, l’altezza e la profondità,
e conoscere l’amore di Cristo che sorpassa ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Giovanni 19,31-37.
Era il giorno della Preparazione e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via.
Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui.
Venuti però da Gesù e vedendo che era gia morto, non gli spezzarono le gambe,
ma uno dei soldati gli colpì il fianco con la lancia e subito ne uscì sangue e acqua.
Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera e egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate.
Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura: Non gli sarà spezzato alcun osso.
E un altro passo della Scrittura dice ancora: Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.

Ecco il cuore che ha tanto amato il mondo

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Contempla, uomo salvato, colui che per te è inchiodato sulla croce… La Sapienza di Dio ha voluto nella sua bontà che la lancia del soldato perfori e ne apra il costato; ne è uscito sangue e acqua (Gv 19,34). Da questa sorgente, dal più profondo del suo cuore, Cristo dona ai sacramenti della Chiesa il potere di dare la vita della grazia…; dà a bere “acqua che zampilla per la vita eterna” (Gv 4,14).

Alzati, tu che ami Cristo, sii come la colomba “che fa il nido nelle pareti d’una gola profonda” (Ger 48, 28), e qui, “come il passero che ha trovato la casa” (Sal 84, 4), non cesserai di vegliare. Come la tortora, vi riparerai i tuoi piccoli e presenterai la tua bocca per “attingere acqua alle sorgenti della salvezza” (Is 12, 3). E’ lui, infatti, “il fiume che usciva da Eden, si divideva e formava quattro corsi” (Gen 2, 10) e, sparso nel cuore dei credenti, annaffia e feconda la terra intera… Corri dunque a questa sorgente di vita e di luce con desiderio ardente, chiunque tu sia, e nel tuo amore per Dio, gridagli con tutta la forza del tuo cuore: “O bellezza indicibile dell’Altissimo, splendore della luce eterna, Vita che dai la vita ad ogni vivente, chiarore che illumini ogni luce e conservi nell’eterno splendore i vari astri che brillano davanti al trono della tua divinità dall’origine dei tempi!

O fiume eterno e inaccessibile, limpido e dolce, la cui sorgente è nascosta agli occhi di ogni mortale! La tua profondità è senza fondo, la tua altezza senza limiti, la tua larghezza senza confini, la tua purezza senza alcunché di torbido. Da te scorre ‘il fiume che rallegra la città di Dio’ (Sal 46, 5)… affinché cantiamo inni di lode, ‘in mezzo ai canti di gioia di una moltitudine in festa’ (Sal 42, 5), perché sappiamo per esperienza che ‘in te è la sorgente della vita e alla tua luce vedremo la luce’ (Sal 36, 10)

Lettera di Dio ai fidanzati

La donna che hai al fianco, emozionata, con l’abito da sposa, è mia. Io l’ho creata. Io le ho voluto bene da sempre; ancor prima di te e ancor più di te. Per lei non ho esitato a dare la mia vita. Ho dei grandi progetti per lei. Te l’affido. La prenderai dalle mie mani e ne diventerai responsabile.

Quando l’hai incontrata l’hai trovata bella e te ne sei innamorato. Sono le mie mani che hanno plasmato la sua bellezza, è il mio cuore che ha messo dentro di lei la tenerezza e l’amore, è la mia sapienza che ha formato la sua sensibilità e la sua intelligenza e tutte le qualità belle che hai trovato in lei.

Però non basta che tu goda del suo fascino. Dovrai impegnarti a rispondere ai suoi bisogni, ai suoi desideri. Ti renderai conto che ha bisogno di tante cose: ha bisogno di casa, di vestito, di serenità, di gioia, di equilibrio psichico, di rapporti umani, di affetto e tenerezza, di piacere e di divertimento, di presenza umana e di dialogo, di relazioni sociali e familiari, di soddisfazioni nel lavoro e di tante altre cose.

Ma dovrai renderti conto che ha bisogno soprattutto di Me, e di tutto quello che aiuta e favorisce questo incontro con Me: la pace del cuore, la purezza di spirito, la preghiera, la Parola, il perdono, la speranza e la fiducia in Me, la Mia vita. Sono Io e non tu il principio, il fine, il destino di tutta la sua vita.

Facciamo un patto tra noi: la ameremo insieme. Io la amo da sempre. Tu hai incominciato ad amarla da qualche anno, da quando te ne sei innamorato. Sono io che ho messo nel tuo cuore l’amore per lei. È stato il modo più bello perché ti accorgessi di lei. Volevo affidarla a qualcuno che se ne prendesse cura. Ma volevo anche che lei arricchisse con la sua bellezza e le sue qualità la vita di un uomo. E questo uomo sei tu.

Per questo ho fatto nascere nel tuo cuore l’amore per lei. Era il modo più bello per dirti: “ecco, te la affido”, e perché tu potessi godere della sua bellezza e delle sue qualità. Quando le dirai “prometto di esserti fedele, di amarti e rispettarti per tutta la vita”, sarà come se mi rispondessi che sei lieto di accoglierla nella tua vita e di prenderti cura di lei. Da quel momento saremo in due ad amarla.

Dobbiamo però metterci d’accordo: Non è possibile che tu la ami in un modo e io in un altro. Devi avere per lei un amore simile al Mio, e devi desiderare per lei le stesse cose che Io desidero. Non puoi pensare nulla di più bello e gioioso per lei.

Se la ami sul serio vedrai che ti troverai d’accordo con Me nel progetto che ho concepito per lei. Ti farò capire poco alla volta quale sia il mio modo di amare, e ti svelerò quale vita ho sognato e voluto per questa mia creatura che diventerà tua sposa.

Mi rendo conto che ti sto chiedendo molto. Pensavi che questa donna fosse tutta e solo tua, e ora invece hai l’impressione che io ti chieda di spartirla con Me. Non è così. Io non sono il tuo rivale in amore. Al contrario, sono Colui che ti aiuta ad amarla appassionatamente. Per questo desidero che nel tuo piccolo amore ci sia il mio grande amore.

Col tuo amore potrai fare molto per lei, ma è sempre troppo poco. Io ti rendo invece capace di amare da Dio. È questo il mio dono di nozze: un supplemento di amore che trasforma il tuo amore di creatura e lo rende capace di produrre le opere di Dio nella donna che ami.

Sono parole per te misteriose, ma le capirai un poco alla volta. Ti assicurò che non ti lascerò mai solo in questa impresa. Sarò sempre con te e farò di te lo strumento del mio amore, della mia tenerezza; continuerò ad amare la mia creatura, che è diventata tua sposa, attraverso i tuoi gesti d’amore, di attenzione di impegno, di perdono, di dedizione. In una parola: ti renderò capace di amare come io amo, perché ti darò una forza nuova di amare che è il mio stesso amore.

Se vi amerete in questo modo, la vostra coppia diventerà come una fortezza che le tempeste di vita non riusciranno mai ad abbattere. Un amore costruito sulla mia Parola è come una casa costruita sulla roccia: nessuna vicenda potrà distruggerla. Ricordatelo, perché molti si illudono di poter fare a meno di Me: ma se io non sono con voi nell’edificare la casa della vostra vita e del vostro amore, vi affaticherete invano: come gli apostoli che faticarono tutta una notte e al mattino tornarono a riva con le reti vuote; bastò un semplice intervento Mio, e le reti pescarono tanto pesce che per l’abbondanza si rompevano. Di più. Se vi amerete in questo modo diventerete forza anche per gli altri.

Oggi si crede poco all’amore vero, quello che dura per sempre, e che offre la propria vita all’amato. Si cercano più le emozioni amorose che l’amore. Ma le emozioni nascono e muoiono presto, lasciando solo vuoto e nostalgia.

Per questo qualcuno ha detto che il matrimonio è solo una grande illusione che si dissolve presto. Se voi saprete amarvi come io amo, con una fedeltà che non viene mai meno, diventerete come la città sul monte. Sarete una speranza per tutti, perché tutti vedranno che l’amore è una cosa possibile.